La diplomazia non è il mio forte. Anche se mi sforzo non riesco a rimanere impassibile e indifferente di fronte a qualcosa o qualcuno che non mi garba. Non riesco a dissimulare ciò che penso o sento, la mia espressione e i miei modi sono un libro aperto. Sono perfino stata accusata di essere polemica, provocatoria, insensibile verso il prossimo per il solo fatto di agire istintivamente e di anteporre le mie esigenze a quelle di chiunque altro. Si, lo ammetto. Ma quello che ai più sfugge è che il mio atteggiamento è volto a risvegliarli dal torpore, a suscitare una qualsiasi reazione che li allontani dalla depressione. E’ con la ferma convinzione che il mio agire sia giusto e sacrosanto che ho deciso dopotutto di adottare toni più concilianti. Ho scelto di variare la rotta, con la piena consapevolezza che sarò io la prima a trarne beneficio. Ma una cosa che mi fa dispiacere e che fatico ancor oggi ad accettare è vedere persone che reputo intelligenti che si lasciano frenare dal loro scetticismo invece di provare a migliorare la loro esistenza, adducendo la banale scusa che con loro non funziona. Persone che si allontanano, comportandosi in modo meschino e con un’insospettata animosità nei miei confronti per il semplice fatto che io vivo serenamente e in pace con me stessa e non mi lascio condizionare da ciò che mi circonda. Normalmente la mia reazione dovrebbe essere quella di uno spontaneo menefreghismo, smettendo di voler a tutti i costi cambiare la loro attuale prospettiva del mondo.
Hanno scelto di vivere una vita fatta di amarezza, rimpianti, disillusione? Amen.
Come faccio a supporre con tanta sicurezza che costoro siano infelici? Semplicemente osservando il loro comportamento. Perché non ci si può illudere di essere appagati dalla propria vita quando si trovano mille motivi per esternare la propria insoddisfazione, dal vicino rumoroso, all’automobilista lento che blocca la nostra corsia mentre con la stessa energia si potrebbero trovare mille altri motivi per essere grati alla vita, dal semplice fatto di poter camminare con le proprie gambe, poter respirare autonomamente e non attaccati ad una macchina.
Dicevo che potrei fregarmene. Ma poi mi rendo conto che, indipendentemente dalla mia volontà, la loro infelicità contagia anche me. Sono sempre più convinta dell’idea che i problemi e le sofferenze di questo mondo siano causati da persone infelici. E non mi riferisco a personaggi estremi come Hitler o Stalin, ma anche nella nostra piccola cerchia personale. Non vi è mai capitato di incupirvi o di sentirvi a disagio vicino ad una persona sofferente o triste? Oppure voi stessi avete causato infelicità alle persone che vi erano accanto? Si tratta di semplice empatia o c’è qualcos’altro?
Per questo motivo ho scelto di frequentare chi emana positività, chi è allegro e solare, chi riesce a non far pesare sul prossimo i propri problemi quotidiani, di cui nessuno purtroppo, me compresa, è esente. Certo questo non fa di me una novella Amélie ma sono convinta che il beneficio sia reciproco. La ricerca della felicità è quindi un dono che facciamo a noi stessi e agli altri.
Quale miglior conclusione se non un estratto da "Mangia, prega, ama"?
" Se sei abbastanza coraggioso da lasciarti dietro tutto ciò che è confortevole e familiare e che può essere qualunque cosa, dalla tua casa a vecchi rancori, e parti per un viaggio alla ricerca della vita, se sei veramente intenzionato a considerare tutto quello che ti capita durante questo viaggio come un indizio, se accetti tutti quelli che incontri strada facendo come insegnanti e se sei preparato soprattutto ad affrontare e perdonare alcune realtà di te stesso veramente scomode, allora la verità non ti sarà preclusa".
Detto ciò, ma quanto ci mettono ad arrivare gli UFO?